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previste in fase costruttiva, anche se completamente rivisi-
tate alla luce dell‟attuale contesto socio-culturale.
D‟altra parte la stragrande maggioranza del patrimonio ar-
chitettonico realizzato in Italia fra le due guerre ha visto
una sostanziale continuità di utilizzo e solo in alcuni casi,
soprattutto in relazione a trasformazioni che la società at-
tuale ha indotto, si è posto il problema di una ridefinizione
funzionale degli spazi.
A puro titolo di esemplificazione si possono prendere in
esame da questo punto di vista i quarantaquattro comples-
si, realizzati nel ventennio di regime fascista, che la città di
Forlì ha evidenziato nell‟ambito degli studi che hanno ac-
compagnato lo sviluppo del progetto A.T.R.I.UM. (Archi-
tetture dei regimi totalitari del XX° secolo nella gestione
urbana).
Di questi oltre l‟80% (fra i quali scuole, abitazioni, strutture
ospedaliere, stazione, tribunale, poste centrali, ecc.) mo-
strano nella fase successiva alla fine del secondo conflitto
mondiale una sostanziale continuità funzionale, che per-
mane tutt‟oggi, se si escludono i casi di recente trasforma-
zione. Sono davvero pochi i contenitori nei quali le fun-
zioni originarie sono state sostituite.
Nella stessa Predappio le variazioni radicali delle funzioni
degli edifici dell‟epoca si riducono a pochi casi, cioè la Villa
Castelli trasformata nella casa di cura “Opera San Camil-
lo”, l‟ex Casa G.I.L. trasformata in uffici pubblici (Comu-
nità Montana), l‟ex Macello in Centro Giovani, il Palazzo
Caproni, l‟ Ex Albergo Appennino, il Palazzo dei Sanitari
e parte del Foro Boario trasformati in residenze. Rimango-
no naturalmente non destinati l‟ex Casa del Fascio e
dell‟Ospitalità, l‟ex Aeronautica Caproni, e alcuni piccoli
edifici di importanza minore sparsi sul territorio, tutti in
stato di abbandono o di sostanziale sottoutilizzo.
Vi sono casi poi, come il Comune di Castrocaro, in cui tut-
ti gli edifici più importanti realizzati nella prima metà del
900 conservano le stesse destinazioni d‟uso (Palazzo co-
munale, Padiglione delle Feste, Palazzo delle Terme, Palaz-
zo Piancastelli, Grand Hotel).
In questo quadro di diffusa continuità funzionale, indotta
certamente anche dal fatto che molte delle realizzazioni del
ventennio cercavano già di rispondere ai processi di tra-
sformazione sociale ed urbana che poi avrebbero caratte-
rizzato i decenni futuri, forse la categoria architettonica che
più ha sollecitato gli approfondimenti tesi alla riconfigura-
zione di destinazioni d‟uso e funzioni, è stata proprio quel-
la delle Case del Fascio, insieme alle sedi dell‟Opera Na-
zionale Balilla e poi della Gioventù Italiana del Littorio.
Ciò per diverse ragioni delle quali è opportuno tenere con-
to nella fase di progettazione e che vanno dalla caratteriz-
zazione degli spazi interni, al dimensionamento complessi-
vo e all‟inserimento nel tessuto urbano, soprattutto nei
centri minori, dal tema della proprietà, quasi sempre de-
maniale (Stato o Regioni), ad alcune resistenze di natura
ideologica collegate alle passate funzioni incentrate dal re-
gime sulla ricerca e costruzione del consenso.
1b. Le Case del Fascio. Funzioni e riuso
Le diverse migliaia di Case del Fascio realizzate in Italia e
nelle colonie durante gli anni del fascismo ebbero una
grande importanza, oltre che per la funzione politica e so-
ciale loro assegnata dal regime, anche per gli aspetti più di-
rettamente inerenti ai temi architettonici e ai caratteri co-
struttivi.
Come gli studi del settore hanno ampiamente documenta-
to, gran parte delle Case del Fascio furono costruite ex no-
vo e solo in alcuni casi furono occupati per lo scopo edifici
preesistenti.