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inseriva in quelle manifestazioni che dovevano contribuire
alla celebrazione del decennale della marcia su Roma e
quindi della rivoluzione fascista. L’occasione per un rin-
novamento del linguaggio architettonico si presentava del
resto propizia: nel 1931 il critico d’arte Piero Maria Bardi,
in calce ad una mostra romana di progetti proposti dalla
MIAR, un movimento di giovani architetti italiani raziona-
listi, presentava a Benito Mussolini un grande collage, che
egli stesso definì
tavolo degli orrori
, riproducente una serie
di immagini delle architetture eclettiche italiane realizzate
dall’Unità d’Italia sino a quel momento. Bardi, secondo il
sillogismo “fascismo come rivoluzione, architettura come
rivoluzione” suggeriva al Capo del Governo che l’architet-
tura italiana doveva finalmente staccarsi da quel paradossale
tradizionalismo e imboccare la strada maestra del razionali-
smo; l’approccio fu convincente e fino al 1936, nonostante
il tergiversare dell’ondivago Marcello Piacentini, si potè
avere anche in Italia un rinnovamento nel campo dell’ar-
chitettura. Mussolini infatti nel 1934 lodò e incoraggiò gli
architetti progettisti di Sabaudia e della Stazione di Firenze,
convenuti a Roma dopo le aspre polemiche che erano sorte
intorno ai loro progetti “troppo moderni”, con queste pa-
role: “tengo a precisare in modo inequivocabile che io sono
per l’architettura moderna, per quella del nostro tempo…
sarebbe assurdo pensare che noi oggi non potessimo avere il
nostro pensiero architettonico e assurdo il non volere un’ar-
chitettura razionale e funzionale per il nostro tempo … dite
ai giovani di non avere paura di avere coraggio.”
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Anche
la situazione politica interna in quegli anni era favorevole
per l’affermazione delle idee di personaggi, sempre di area
emiliana, che rappresentavano la corrente di sinistra del
partito, come Dino Grandi, Italo Balbo, Giuseppe Bottai
e Leandro Arpinati, sensibili alle ipotesi di rinnovamento
sia politico che culturale. Il concorso per la Casa del Fascio
“tipo”, di matrice razionalista non poteva dunque che fare
capo a Bologna, con una giuria composta da giudici scelti
dalla redazione de
L’Assalto
, già schierati a favore di un
rinnovamento in architettura, come gli architetti Pietro
Aschieri, Ulisse Arata, Giuseppe Pagano e il critico Piero
Maria Bardi. Era necessario per ottenere qualità proget-
tuale, mettere fine dunque al “magro capriccio architetto-
nico del geometra o dell’ingegnere comunale”.
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Uno degli
aspetti più interessanti, contenuto all’interno del bando
di concorso, fu la proposta di definire tre diverse tipologie
da adottare per paesi rispettivamente dai 5.000 ai 10.000
abitanti, per cittadine dai 10.000 ai 50.000 abitanti e per
città oltre i 300.000 abitanti; inoltre la Casa doveva essere
inserita nell’ambito del sistema urbano, posta nel “centro
strategico della vita paesana o cittadina”, dove suo precipuo
compito doveva essere quello di surrogare le funzioni urba-
ne della chiesa e del municipio (così sarà anche a Predap-
pio), e quindi evidenziare la necessità di una Torre che si
ponesse come nuovo perno urbano, a dominio della piazza
principale, luogo deputato per le manifestazioni di massa;
la torre doveva “distinguersi a distanza allo stesso modo del
campanile, del comune o della chiesa, slanciarsi verso il
cielo per dominare la città e la campagna come i castelli e le
torri dei comuni e delle signorie”.
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Suggerimenti venivano
via via divulgati ai progettisti dagli stessi organizzatori, at-
traverso gli articoli contenuti ne
l’Assalto
: “tutto quello che
nella casa del fascio si compie e si svolge, deve chiaramente
osservarsi anche dall’esterno, poiché il fascismo nulla ha da
nascondere: quindi grandi ambienti semplici che diano più
l’idea della serra che del sepolcro, al contrario dei palazzi
delle logge massoniche….La casa del fascio deve possedere
un’impronta di schietta e prorompente giovinezza, deve av-
vicinarsi di più allo stadio che al cimitero, meno uffici e più
sale di convegno; meno decorazioni e più semplicità; meno
6
R. Mariani,
Fascismo e città nuove
,
Feltrinelli, Milano 1976.
7
Concorso per Case del Fascio Tipo
, in
“L’Assalto”, 12 marzo 1932, p. 1.
8
In “L’Assalto”, 23 dicembre 1922,
p. 3.