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assistendo a un fiorire di mostre sull’architettura fascista, sull’arte e sulla vita durante il fascismo. Qualcuno ha

perfino proposto di intitolare l’aeroporto a Mussolini. Siamo di fronte a un caso di sfruttamento commerciale del

fascismo a beneficio dell’industria del turismo?

“.

Saporetti ha evidenziato come il più noto critico d’arte italiano, mentre visitava l’ultima mostra locale

intitolata

Novecento

dedicata ai quadri del periodo fascista ha esclamato “

questo è meraviglioso ed estremamente

fascista

” prima di plaudire al tardivo ‘sdoganamento’ dell’arte fascista per tutti.

Durante lo stesso dibattito altri hanno descritto il revisionismo storico generato sotto le mentite spoglie

dell’apprezzamento delle arti come un insulto a coloro che hanno combattuto nel movimento della

Resistenza

. Un

vecchio partigiano che ricordava le atrocità nazi-fasciste all’interno e nei dintorni di quella regione ha condannato

la

mancanza di contestualizzazione e di informazione

sui mezzi utilizzati da Mussolini per ottenere il consenso, tra cui

torture e omicidi. Un giovane militante antifascista locale,

Giacomo Cortesi

, ha respinto la presunta neutralità politica

nella rivalutazione estetica dell’arte fascista a scapito della verità: “

Come è possibile che in questo tipo di iniziative

non siano mai mostrate le immagini dei cadaveri

Nell’architettura fascista,

Marcello Rosetti

ha osservato come “

è difficile distinguere tra arte e ideologia quando sono

nello stesso contenitore

“.

Sergio Giammarchi

, un altro partecipante, ha notato come lentamente ma costantemente la

Provincia di Forlì sembri scivolare verso un modello turistico basato sul culto delle origini di Mussolini.

Niente di tutto questo avrebbe probabilmente potuto far cambiare idea a coloro che hanno calorosamente supportato il

restauro degli edifici per il “percorso turistico”, che comprende la sala della gioventù fascista che contiene l’iscrizione

del giuramento fascista. Infatti, pur condannando il regime, uno degli architetti ha illustrato il progetto inserendolo nel

contesto di pellegrinaggi religiosi, come il famoso cammino di Santiago de Compostela.

________________________________________

Riceviamo e pubblichiamo

Roberto Pasini

Mi chiamo Roberto Pasini, sono un architetto italiano e insegno disegno urbano all’Università di Monterrey. Sono

anche un antifascista militante, un antirevisionista, nonché un lettore assiduo del vostro giornale. Scrivo in merito

al

Blog

di

ItaliaDallEstero

apparso oggi 19 luglio 2014 sulla vostra edizione online. Mi sono sentito chiamato in causa

come l’architetto a cui allude Alfio Barnabei in chiusura dell’articolo in considerazione di un mio intervento sul

recupero dell’architettura totalitaria presso il Muse Franz Mayer di Città del Messico, disponibile online.

Aldilà dell’approssimativa traduzione italiana pubblicata, desidero rilevare alcuni fraintendimenti presenti nel testo

originale inglese di Bernabei, fraintendimenti che fanno molto male alla causa di chi come lui desidera opporsi alla

deriva revisionista. Innanzitutto esiste una deriva revisionista, ma essa non ha nulla a che fare con il restauro di

capolavori dell’architettura del razionalismo italiano, come la Ex Casa GIL di Forlì dell’architetto romano Cesare

Valle. La capacità di recuperare contenitori di qualità architettonica, prodotti da un regime detestabile in un periodo

storico per molti versi tragico, per metterli al servizio della società democratica è una dimostrazione di vitalità e

maturità delle istituzioni. A me pare molto meno democraticamente matura l’opzione di consegnare all’oblio

marcescente architetture riconosciute dalla critica internazionale producendo luoghi di degrado nel cuore delle nostre

città.

ATRIUM poi, a cui fa riferimento Bernabei, è una rotta culturale europea che attraversa 11 paesi nella loro storia

oppressi da dittature di segno opposto e non un percorso turistico romagnolo per nostalgici mussoliniani tra la casa

natale e la rocca dell’aquila. L’acronimo significa infatti “Architecture of Totalitarian Regimes in Urban

Management” e l’obiettivo è contribuire alla riconversione di un patrimonio materiale enorme di edifici sparsi sul

territorio europeo, prodotto di un passato inequivocabilmente condannato, per proiettarlo nel futuro democratico del

nostro continente. Con questa finalità ATRIUM è stata inserita nell’atlante del Consiglio d’Europa insieme al

Cammino di Compostela e ad altre 27 rotte culturali di diverso tema. A questo proposito troverei molto più produttivo,

per il progresso democratico e per il nostro futuro, discutere di quali siano le politiche concrete di promozione della

micro-economia e del turismo lento sul territorio alla base del programma delle rotte culturali europee come di altri, di

quali siano stati i risultati consolidati nei suoi quasi quattro decenni di operatività e magari anche di quali siano

possibili strategie per renderlo più utile ed efficiente.

I molti riferimenti errati di cui è costellato il post di Bernabei, sia nominali (la Romagna non è un’area di 400.000

abitanti, ma di 1.000.000) sia di merito (identificare nella sparuta Predappio la principale attrazione turistica della

Provincia di Forlì risulta per lo meno grottesco a fronte di bacini turistici come quello di Cesenatico), mi fanno pensare

che il suo stesso richiamo “Let’s turn to ignorance first” risulti assai indicato anche a lui e non solo ai concorrenti dei

quiz televisivi. Ma a parte i battibecchi, credo che la forza di rigenerare il patrimonio materiale del passato, per quanto

sconveniente, per reimmaginare il nostro futuro sia la sostanza fondamentale per alimentare una matura coscienza

democratica, antifascista e antirevisionista.