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25/04/2014

Sabato Il Giornale ha pubblicato un lungo reportage di Luigi Mascheroni da Predappio. Nella città natale di Benito

Mussolini il sindaco Giorgio Frassineti, del Pd, vorrebbe trasformare la casa del Fascio (bellissima dal punto di vista

architettonico, ma abbandonata da anni) in un museo del Fascismo: il primo in Italia. L’idea è sottrarre la città del

Duce ai pellegrinaggi dei nostalgici e istituire un museo – senza apologia né celebrazioni, ma rigoroso la punto di

vista storico – per cercare di capire come fu davvero l’Italia fascista. Sul tema nei giorni scorsi sono intervenuti gli

storici Roberto Chiarini, Nicholas Farrell e Francesco Perfetti e, intervistato ieri. Luciano Canfora. Oggi chiudiamo

la “serie” con Mario Cervi.

Un museo del fascismo? Racconterebbe la verità e noi

amiamo le favole.

L’intenzione è buona, ma una “Casa” per il regime scatenerebbe risse. C’è chi parlerebbe solo del

consenso del Duce, e chi solo delle sue colpe.

Mario Cervi

L’idea di un museo del fascismo nell’ex Casa del fascio di Predappio è nello stesso tempo affascinante e inquietante.

Affascinante perché il riunire in un luogo simbolico, che è Predappio, cimeli, memorie, documenti di quel Ventennio

che non fu – Benedetto Croce in questo sbagliava – una parentesi della storia d’Italia, ma ne fu una componente di

estrema importanza. Quel museo rappresenterebbe un’occasione per una rivisitazione della nostra identità nazionale.

In quel museo l’Italia rivedrebbe se stessa, quella di ieri, ma anche quella di sempre. Inquietante è l’idea del museo

perché la sua realizzazione provocherebbe furori ideologici e demonizzazioni implacabili, perché rischierebbe di

risolversi in un’ennesima ripetitiva

querelle

su fascismo e antifascismo, su bonifiche pontine e Fosse Ardeatine, sulle

iniquità e sulle qualità dell’uomo che governò tanto a lungo il Paese e che da tanta parte del Paese fu amato.

Le intenzioni del sindaco di Predappio, Giorgio Frassineti, sono senza dubbio le migliori del mondo. Il marchio del Pd

dovrebbe risparmiargli le viete accuse di nostalgismo antidemocratico. Ma penso che non gliene risparmierebbe. In

caso “Pansa” insegna che le credenzialità di sinistra finiscono al macero quando contraddicono la vulgata resistenziale.

Ho forti dubbi sulla disponibilità delle cultura ideologizzata –prevalentemente in un solo senso- ad accettare un

dibattito che voglia essere, se non imparziale, almeno ragionato e pacato. Attorno ad esso si scatenerebbe la rissa. Ho

l’impressione che l’Italia –quella almeno che fa politica militante- non abbia davvero voglia di guardarsi allo specchio.

Ha molto più voglia di ribadire i suoi luoghi comuni, i soliti orpelli di una retorica polverosa. Il museo del fascismo

avrebbe soprattutto il difetto di attestare, per mille testimonianze, che il Duce ebbe in alcuni momenti il consenso quasi

plebiscitario degli italiani. Questo non deve in alcun modo sminuire le responsabilità della dittatura e del dittatore

avere inabissato l’Italia nella voragine di una sconfitta umiliante. Sapere, ma non fingere. Un museo del fascismo

sarebbe utilissimo anche quando rievocasse gli aspetti truci e grotteschi di un regime dalle ostentazioni provinciali. Ma

dovrebbe esservi ricordato che le parole d’ordine dell’Insonne, le sue smorfie truci nei cinegiornali, piacevano

immensamente alle folle –fino a quando la guerra riportò tutti a una terribile realtà- non erano forzati né simulati,

erano gli applausi di uomini e donne che magari qualche anno dopo avrebbero infierito sui cadaveri di piazzale Loreto.

E’ pronta l’Italia a una totale immersione nel suo passato? Io credo che non lo sia. Lo credo perché troppo spesso sento

ripetere le invenzioni enfatiche del tempo che fu, le invenzioni di un’Italia buona ingannata e sfruttata da

malintenzionati governanti. Nel museo del Fascismo non dovrebbe mancare, se lo si volesse autentico, un inventario di

glorie militari enfatizzate, resistenziali o non resistenziali che siano. Un museo del Fascismo potrebbe tutti aiutarci –se

ordinato in un certo modo- a essere seri. Invece ho il sospetto per non dire la certezza che ne deriverebbe un litigio

indecoroso: i portavoce di ogni schieramento ripresenterebbero le loro lezioncine imparaticci e presuntuose. Forse –

esprimo un’opinione non basata su certezze- è meglio non farne niente. Predappio –dove ho assistito tanti anni or sono

alla tumulazione dei resti di Mussolini- resti il faro d’attrazione di chi, vecchio o giovane, ha ancora per lui

venerazione e ammirazione: di quell’avventura politica e umana dimenticando l’esito. E i cantori infaticabili della

partigianeria insistano pure nel vantarne le glorie e nell’ignorarne le nefandezze. Il museo proposto mirerebbe a

ristabilire la ve5rità, e invece da noi hanno grande successo le favole edificanti o granguignolesche.