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Ministero degli Esteri russo, un piccolo museo della diplomazia che ripercorreva, attraverso materiali relativi

all'attività internazionale, la storia della Russia dall'epoca zarista all'epoca postcomunista. E mi colpì, anche, la

compresenza e l'accostamento, in tutta la città, di simboli propri delle varie epoche della storia russa. La cosa mi fece

impressione, ma sbagliavo a meravigliarmi perché il senso dell'«identità nazionale» e della storia nazionale è il valore

aggiunto di ogni grande Paese, anche della patria dell'internazionalismo. Non a caso proprio Lenin aveva detto, nel

1918, in un appello al popolo: «Non toccate neppure una pietra, proteggere i monumenti, i vecchi palazzi. Tutto ciò è

la vostra storia, il vostro orgoglio».

Il caso russo non è unico. Che dire, per esempio, del Musée de l'Armée presso l'Hôtel National des Invalides di Parigi

che parte dal Medioevo e giunge fino all'età contemporanea? La verità è che la storia di un periodo fa parte della storia

intera di un popolo e di uno Stato. Ecco perché preferisco un «museo della identità nazionale», o comunque lo si

voglia chiamare, a un museo del fascismo: il primo accrescerebbe la consapevolezza della propria storia nel bene e nel

male, il secondo, sia pure inintenzionalmente, rischierebbe di perpetuare divisioni.