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che nessuno aveva osato prima. Riportò qui, da Cerro Maggiore, su un'auto americana, in una cassa di sapone, la salma
di Mussolini. Fu un gesto di pietà cristiana, e di saggezza politica. Anche Montanelli e Biagi scrissero che era giusto
così...». Bisognava liberare lo Stato da un cadavere in esilio che lo teneva in ostaggio da anni. E da quel momento tutto
cambiò. «Quel giorno nel cimitero di Predappio, sulla tomba di famiglia dei Mussolini, il libro delle firme, primo di
una lunga serie, raccolse 400 nomi». Iniziava il pellegrinaggio della memoria. «Per lungo tempo fu un pellegrinaggio
silenzioso. Poi nel 1983, il giorno del centenario della nascita del Duce, 29 luglio, arrivarono venti-trentamila persone,
chi lo sa? Polizia schierata, il sindaco - ancora del Pci - che temeva gli scontri, tensioni. Ma non accadde nulla...
Veniva sdoganata la fascisteria nostalgica. Fino a quando, nel 1994, per la prima volta l'amministrazione comunale,
Pds, concede l'autorizzazione ad aprire tre negozi di souvenir...». Paccottiglia, che prima veniva venduta sottobanco:
busti, fasci, vino del Camerata... «Fu un errore: da allora Mussolini viene gestito da un gruppo di commercianti invece
che dalla comunità». L'ha detto tante volte il sindaco Frassineti: «Raduni e fascisteria sono i nemici di Predappio. Non
ci permettono di pensare al futuro, ci relegano al passato, fuori dalla storia. Bisogna ribaltare tutto: non celebrare il
Duce degli italiani, ma capire il fascismo e Mussolini». E cosa meglio di un grande museo?
Intanto, per preparare la strada, che sarà lunga, costosa e scivolosa, il sindaco ha tracciato il solco. Con una decisione
storica, pochi mesi fa, ha aperto la Casa natale di Mussolini, il «vecchio» casone sopra l'esedra del mercato - da
sempre meta di pellegrinaggio, insieme alla cripta nel cimitero in fondo al paese - per ospitare una mostra su Il
giovane Mussolini: lettere, cartoline, fotografie, giornali, ritratti che raccontano gli anni dell'adolescenza e la
formazione politica dell'Uomo nuovo venuto dalla Terra del nulla... La mostra, per nulla celebrativa, con un comitato
scientifico composto da storici di sinistra, è aperta solo nel weekend e stacca un centinaio di biglietti al giorno. Nessun
neofascista, tutta gente normale.
Fa impressione, arrivando davanti alla vecchia casa del fabbro, incrociare gli occhi di un giovane Benito Mussolini,
baffi e finanziera, nella gigantografia 6 metri per 6 che campeggia sulla facciata. Eppure, anche se una cosa del genere
era impensabile fino a pochi anni fa, in una Predappio che certe cose preferisce non vederle, o che sopporta con
fastidio, non c'è stata la minima polemica. «A riprova che la mostra è stata fatta con attenzione - è la spiegazione che si
dà con orgoglio Franco Moschi, che ha concesso il materiale esposto, 200
“
pezzi
”
su una collezione personale di oltre
35mila, probabilmente la più grande esistente sul fascismo -. Niente di politico o di politicizzato, perché non c'è niente
da negare o da celebrare. Solo capire le radici di una vita che ha segnato il Novecento».
Predappiese («Ma per anni ho detto che ero di Forlì..., essere di qui non è facile, mi creda»), 53 anni, imparentato alla
lontana coi Mussolini («Il mio bisnonno e Benito erano cognati, Romano è stato per me un secondo padre e Donna
Rachele mi regalò i primi libri...»), Franco Moschi conosce bene il fascismo, e ancora meglio Predappio. «Non
abbiamo bisogno di elmetti e gagliardetti. Ma di mostre e di studi».
In Italia si contano circa 55 Istituti storici della Resistenza. Molte le mostre e le manifestazioni per ricordare ciò che
accadde alla «fine» o «dopo» il Ventennio. Nulla su ciò che fu «all'inizio» o «durante».
Predappio, dove tutto cominciò, centotrent'anni fa, sarebbe perfetta per la prima museificazione del Fascismo. C'è una
splendida Casa del Fascio da recuperare, un sindaco di sinistra che ci crede, una città che vuole uscire dal silenzio e
abbattere i sensi di colpa. Ben più resistenti, purtroppo, dei fasci littori di marmo.Il primo passo del sindaco di
Predappio Giorgio Frassineti, coraggioso, non c'è che dire, è stato quello di aprire una mostra che si snoda attraverso le
salette su due piani della casa natale di Mussolini.
Inaugurata a fine settembre scorso, continuerà fino al 31 maggio (ma forse sarà prorogata, visto il successo non
chiassoso e non polemico dell'evento). L'inizio dell'esposizione è al piano terreno, dove in origine si trovava il
laboratorio del padre Alessandro, un fabbro, per proseguire al primo piano, dove ci sono le stanze dell'abitazione, un
tempo privata, della famiglia. I documenti in mostra sono circa 200, molti inediti: lettere, cartoline, fotografie,
giornali, opuscoli (tra cui i violenti scritti anticlericali del futuro Duce). Tutto il materiale (con due eccezioni),
proviene dall'archivio privato di Franco Moschi, di Predappio, che possiede una collezione di 35-37mila pezzi. Chi
scrive l'ha visitata, eccezionalmente, grazie alla gentilezza del proprietario. Ed è qualcosa di unico: un vero museo che
spazia dai documenti ottocenteschi sulla famiglia Mussolini ai primi giornali socialisti, dai manifesti originali del
Futurismo ai ritratti e busti più belli, e rari, del Duce. E poi biglietti, tessere, foto inedite, guide sulla Romagna
dell'epoca, le veline originali con gli articoli scritti a macchina dal Duce e corretti a mano da Donna Rachele, libri e
riviste ormai introvabili... Di tutto ciò, come detto, uno spicchio (duecento pezzi) sono esposti alla Casa natale, nella
mostra che ha nel comitato scientifico, tra gli altri, Maurizio Ridolfi, professore di Storia contemporanea all'Università
della Tuscia, Vittorio Emiliani, con alle spalle una vasta saggistica su Mussolini e il fascismo, lo stesso sindaco di
Predappio Giorgio Frassineti, e Giancarlo Mazzuca, attuale direttore del quotidiano Il Giorno e autore con Nicholas
Farrell del libro Il compagno Mussolini (Rubbettino,2013).