Background Image
Previous Page  5 / 172 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 5 / 172 Next Page
Page Background

5

19/04/2014

Un museo del fascismo nella città del Duce

Il sindaco (renziano) progetta una esposizione permanente nella diroccata Casa del Fascio, per anni

simbolo di un passato da dimenticare. Ma ora è tempo di capire e storicizzare

Luigi Mascheroni

Intervista al Sindaco Giorgio Frassineti

Chi era Benito, prima di diventare Mussolini? E com'era l'Italia, quando Mussolini era Duce? E cosa rimase, quando

cadde il Duce Benito Mussolini? Soprattutto: quale città può, meglio di tutte, raccontare questa Storia?

A Predappio, città dove tutto nacque e dove tutto silenziosamente continua, ci arrivi portato da una strada maestosa,

già viale Mussolini e ora, per catarsi toponomastica, viale Matteotti.

È costeggiato, a destra e a sinistra, da meravigliosi e fascistissimi edifici, voluti dal Duce e disegnati da Florestano di

Fausto, l'architetto che negli anni Venti trasformò la località di Dovia, che aveva dato i natali a Mussolini, nella

Predappio «Nuova» che doveva celebrare il mito delle origini del Duce. Fu detto, in sfregio alla verità e in omaggio al

Condottiero, che la Predappio vecchia, in collina - la Predappio Alta di oggi - stava crollando per una frana, e attorno

al casone dove il 29 luglio 1883 era nato, da un fabbro e da una maestra, Benito Mussolini, si costruì una città ex novo.

Questa.

Di qua e di là dal vialone, sfilano, razionali e massicci, l'edificio delle Poste, l'esedra del mercato, il teatro, la Casa per

i dirigenti dell'Aeronautica Caproni (dell'immensa fabbrica, su in collina, rimane solo una grande M di mattoni

romani), la caserma dei Carabinieri, l'asilo comunale gestito, oggi come allora, caso unico in Italia, da suore... Tutti gli

edifici hanno ancora le piastrelle originali in ceramica col numero civico, da cui è stato staccato il fascio littorio... E, in

fondo, prima della grande piazza centrale - sproporzionata, come le ambizioni del Duce - proprio sotto Palazzo Varano

dove per vent'anni risiedettero i Mussolini, e che oggi è sede del Comune, troneggia la monumentale Casa del Fascio,

un tempo magnifica, oggi in completo abbandono: tre piani, 2400 metri quadrati, marmi che profumano di regime e

una grande Storia da narrare. Diventerà - se le cose andranno come devono - la sede del primo museo del Fascismo.

Voluto da un sindaco di sinistra.

Il sindaco di sinistra si chiama Giorgio Frassineti, ha cinquant'anni, renziano, post-ideologico, sangue romagnolo e

mascella volitiva. È geologo e la propria terra la conosce molto bene. Ricandidato per le prossime elezioni

amministrative del 25 maggio, ha molte probabilità di vincerle. E se ciò accadrà, con altri cinque anni davanti, farà

qualcosa di rivoluzionario per queste parti: «Basta con la Predappio del turismo in camicia nera. La città non deve

celebrare, né sopportare il fascismo. Lo deve conoscere, in modo completo. E per farlo, deve sapere cosa è stato il

fascismo, come è nato e come è caduto: occorre raccontarlo, senza paure. Occorre un museo. A Predappio c'è anche il

luogo adatto...».

Pedagogica e propagandistica, la Casa del Fascio di Predappio fu costruita fra il '34 e il '37, un parallelepipedo fluido

ed eclettico: cotto romano, travertino e torre littoria. Scalone monumentale, vetrate immense, marmi e uno sfarzoso

salone delle feste. All'epoca ospitava gli uffici del Partito ed era il centro della vita politica e sociale della città. Oggi è

invasa da colombi che nidificano nella torre, mobili sfasciati, muffa, vetri rotti, ed è il simbolo della colpa primigenia

cittadina. Architettonicamente ancora splendida, la Casa del Fascio oggi è in degrado.

Trasformarla in museo avrebbe un costo economico alto, ma con gli aiuti europei o dei privati, accessibile. Ma

trasformarla in un museo del Fascismo, avrebbe costi politici ancora maggiori. La città lo accetterebbe? E la sinistra

locale? E quella nazionale? Gli storici cosa direbbero? E i nostalgici? E le vestali della Resistenza?

Il sindaco Frassineti, seduto nel suo studio a Palazzo Varano, dietro la grande scrivania in rovere che arriva dalla

Rocca delle Caminate, il castello sulla collina di Predappio che fu residenza estiva di Benito Mussolini negli anni

Trenta («quando arrivava Lui, accendevano un faro con il fascio tricolore che aveva 60 chilometri di raggio,

illuminava mezza Romagna...»), una risposta ce l'ha. È la storia che ci racconta: «Questo palazzo fu la seconda casa

dei Mussolini, si trasferirono qui perché l'edificio ospitava, al primo piano, la scuola dove insegnava la mamma, Rosa

Maltoni. Il mio ufficio è la stanza dove dormiva il piccolo Benito. Proprio lì, dov'è seduto lei. È comodo?».

Fare il sindaco è già difficile. Fare il sindaco di Predappio, ancora di più. Fare il sindaco di sinistra a Predappio,

dev'essere scomodissimo. Il primo del dopoguerra, un comunista, si chiamava Partisani, e di nome faceva Benito... «Se

nel Ventennio Predappio fu la

meta ideale

di ogni italiano,

la Galilea di tutti noi

come diceva Starace, quando si

spostavano addirittura le fonti del Tevere perché tutto nascesse qui, dopo il '45, sulla città cadde la damnatio

memoriae. Nessuno ci venne più. Solo silenzio e disonore». Fino al 1957, quando divenne presidente del Consiglio

Adele Zoli, «un democristiano bacchettone, non proprio bellissimo, e infatti lo chiamavano Odone... Però era di

Predappio, unica città d'Italia, finora, che ha dato i natali a due premier, neppure Roma... Comunque, Zoli fece quello