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19/10/2016

"Abbattere casa Hitler? Un errore. Io col Duce creo turismo

culturale"

Il sindaco di Predappio: "Io col Duce creo turismo culturale. Gli edifici maledetti non vanno demoliti,

meglio valorizzarli"

Nino

Materi

Intervista a Giorgio Frassineti

Giorgio Frassineti, 52 anni, stimato sindaco di Predappio. Posso chiederle a chi sta a cuore la casa di Benito

Mussolini?

«A NOI!».

Scusi, ma lei è un nostalgico?

«Macché nostalgico. Io sono renziano».

Un sindaco del Pd che però cita il fascistissimo «A noi!».

«Ma che ha capito? Io intendevo dire: la casa di Mussolini interessa a noi del Comune di Predappio».

Ci spieghi meglio.

«La casa natìa del duce è parte integrante dell'identità predappiese».

Immagino che lei non sia d'accordo col ministro dell'Interno austriaco che vuole abbattere la casa natìa di

Hitler.

«Gli edifici testimoni della storia non vanno mai demoliti».

Ma quella di Hitler è una casa maledetta.

«Anche i campi di concentramento sono luoghi maledetti. Ma nessuno si sognerebbe mai di demolirli. E sa perché?».

Me lo dica lei.

«I luoghi maledetti devono servire per riflettere sui propri errori e orrori. E fare in modo che quella maledizione

rappresenti un monito per il futuro».

La comunità ebrea le ha assegnato un premio per aver tutelato la memoria della Shoah.

«Ne sono orgoglioso».

Perché il ministro dell'Interno vuole radere al suolo la casa del Führer?

«Credo che in questa vicenda incidano fattori politici e di ordine pubblico. Forse si vuole evitare che quel palazzo

diventi un santuario neonazista, potenziale fulcro di scontri tra fanatici di opposte fazioni. Conosco il sindaco di

Braunau, il Comune dove sorge la casa di Hitler, e lui non è d'accordo con la demolizione della casa».

A Braunau si potrebbe seguire l'esempio virtuoso di Predappio?

«Difficile. Predappio e Mussolini sono due facce della stessa medaglia. Hitler è invece nato a Braunau per caso e non

ha mai avuto col la cittadina nessun legame».

Il modello-Predappio non è quindi «esportabile»?

«Predappio è un unicum. Per questo abbiamo trasformato la casa di Mussolini in un centro di cultura dove ospitiamo

dibattiti e mostre».

Appuntamenti seguiti solo da camerati in camicia nera e repubblichini col fez?

«No, da tutti. Nella casa di Mussolini si parla di storia e arte a 360 gradi».

Predappio resta però meta di pellegrinaggi dove, più che il segno della croce, va forte il saluto romano.

«Questi pellegrinaggi, come li chiama lei, sono inevitabili considerato che qui ogni pietra parla di Mussolini».

Senza contare i tanti negozi di souvenir a base di gadget duceschi.

«Non vedo dove sia il problema».

Nessun problema, se non fosse che di recente un suo compagno di partito, l'onorevole Emanuele Fiano, ha

proposto di punire (con la reclusione da sei mesi a due anni) la produzione la vendita di articoli - diciamo così -

di merchandising fascista.

«Proposta, ovviamente, che non ha avuto nessun seguito».

Per fortuna dei commercianti «specializzati» di Predappio che andrebbero in crisi senza i portachiavi col fascio

littorio, le magliette con la scritta Me ne frego!, i busti di Benito e così via... eia eia alalando.

«L'aspetto folcloristico legato ai chi va a caccia di memorabilia del Ventennio rappresentano un marginale 10% del

totale movimento turistico. Il rimanente 90% è fatto da persone che pongono al centro del proprio tour la parola

cultura. Io stesso faccio volentieri da Cicerone ai gruppi di ospiti che vengono a trovarci».