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IL QUADRO INTERPRETATIVO

Il progetto, elaborato dal Comitato scientifico, si fonda su alcuni punti di

forza culturali e storiografici, ma parte innanzitutto da una consapevolezza,

che affonda le sue radici nell’analisi di quanto sta avvenendo in altri

paesi europei e in particolare in Germania: il totalitarismo, e il fascismo

che ne è parte integrante, è un fenomeno storico dell’Italia e dell’Europa

contemporanee, che può e deve essere narrato soprattutto alle generazioni

più giovani ormai separate da poco meno di un secolo da quei tragici

eventi.

I centri di documentazione e di esposizione sono l’architrave di tutti

processi di rimemorizzazione, tanto più necessari quanto più il passato è

controverso e ha generato memorie divise, come in genere è accaduto per

tutti i grandi eventi e fenomeni novecenteschi.

Si deve raccontare il totalitarismo soprattutto per sfatare la convinzione

diffusa secondo la quale solo la damnatio memoriae verso un regime

basato sulla violenza politica e “razziale”, sulla sopraffazione politica, sulla

negazione di ogni diritto individuale e collettivo, che tanti lutti ha prodotto

nel nostro continente, possa non solo risarcire le vittime, ma prosciugare

l’acqua nel quale potrebbe risorgere.

Questa damnatio, professata per decenni come unica condizione per

sollecitare una memoria vigile e “armata”contro i rigurgiti del fascismo,

non ha funzionato: ha finito inevitabilmente per favorire l’oblio, basato su

equivoci e luoghi comuni, e alimentare la nostalgia di minoranze fanatiche

e ideologizzate.

La storia stessa di Predappio, il piccolo borgo agricolo che dette i natali al

Duce e che ora ne conserva le spoglie, è li a testimoniare, con la brutalità

dei pellegrinaggi dei fascisti giovani e vecchi, che si ripetono da oltre mezzo

secolo, le contraddizioni di quel convincimento.

Narrare il fascismo è dunque una necessità, che si può perseguire senza

scadere nell’apologia, nell’«afascismo», nella superficialità divulgativa,

nella retorica, per due ragioni fondamentali:

1) possediamo le conoscenze storiografiche che consentono di restituire

la complessità di quel ventennio di dittatura totalitaria, di penetrarne i

meccanismi di potere e le chiavi del suo consenso di massa senza rischiare

di confondere il giudizio storico e quello etico-politico, senza scadere in

una presunta oggettività neutrale: oggi il punto di vista antifascista, e cioè

dei valori democratici e costituzionali, non è un ostacolo alla necessità di

rendere comprensibile alle giovani generazioni la storia del fascismo; anzi

rappresenta l’unica chiave di lettura possibile, come dimostrano esperienze

analoghe che si stanno moltiplicando in quei paesi che hanno avuto

un’esperienza totalitaria nella loro storia recente.

Narrare il fascismo oggi si può perché lo si comprende molto più che

in passato: siamo in grado di rispondere alle domande di senso che

provengono dai cittadini, interessati a sapere non solo cosa sia stato quel

periodo storico, ma anche perché il regime totalitario si sia imposto in Italia

e perché esso abbia avuto la forza di diffondersi a livello internazionale

come alternativa alla democrazia e al totalitarsmo bolscevico.

2)viviamo in una società democratica stabile che ha la forza di confrontarsi

liberamente e consapevolmente con il suo passato, ancorché tragico,

non solo per sapere da dove veniamo, ma anche per produrre anticorpi

culturali necessari ad impedire che quel passato, seppur in forme nuove,

si ripeta. Certamente non possiamo negare, anche riflettendo sul dibattito