I PUNTI DI FORZA
STORIOGRAFICI
non paragonabile allo stalinismo e al nazismo, soprattutto perché non
ha vissuto al suo interno l’esperienza del campo di concentramento e di
sterminio, e perché non è stato un puro regime del terrore. Al di la della
circostanza che anche il nazismo e soprattutto il comunismo non possano
essere ridotti a meri regimi terroristici, l’appartenenza del fascismo al
campo totalitario deriva essenzialmente dal “destino” che aveva ipotizzato
per gli italiani e il paese. In una società atomizzata l’idea di una completa
fusione tra la massa e il regime era sostanzialmente simile a quella
prefigurata da Hitler, Stalin o Salazar, attraverso una “politica totale” in
grado di prosciugare, in nome dei propri fini ultimi, ogni spazio autonomo
della società, annullando individui e classi sociali, rinserrando mercato,
consumi e forze produttive all’interno del controllo pianificato dello
stato, diventato un’istituzione radicalmente diversa dallo stato-nazione
ottocentesco soprattutto perché inscindibilmente integrato con il partito
politico, il “grande pedagogo” depositario dell’ideologia e della memoria
pubblica, promotore della mobilitazione politica delle masse e ferreo
presidio del perimetro della cittadinanza e della inclusione sociale. È in
questa chiave che bisogna leggere sia il razzismo sia l’antisemitismo che
negli anni trenta diventano una delle spine dorsali dell’ideologia del regime.
6.Proprio per queste ragioni la narrazione del fascismo non deve chiudersi
nello spazio italiano: visto nella sua mera dimensione nazionale l’avventura
mussoliniana è comprensibile solo parzialmente, perché l’Italia è stata
il laboratorio di un fenomeno storico europeo, che ha avuto soprattutto
negli anni trenta una forza propulsiva internazionale di grande spessore.
È solo da questo osservatorio mondiale che è possibile effettivamente
comprendere la complessità storica del fascismo anche nella sua variante
italiana.