I PUNTI DI FORZA
STORIOGRAFICI
3.Se il fascismo rappresenta dunque un’esperienza storica che si inserisce
pienamente nella modernità novecentesca, le trasformazioni che le
sue politiche introducono nella società dal punto di vista strutturale
e istituzionale, ma anche culturale e mentale, vanno ben oltre quelle
riconducibili alla spirale ribellione/repressione. La storiografia degli ultimi
tre decenni ha ampiamente legittimato lo studio del fascismo come campo
di ricerche aperto da cui sono emerse alcune questioni fondamentali:
il rapporto tra il regime e la società italiana, il consenso di massa alla
dittatura soprattutto delle classi medie, l’ideologia, la natura e le funzioni
del partito unico, il ruolo della leadership di Mussolini, i caratteri della
modernizzazione generata dalle politiche totalitarie, dirigiste e corporative.
Nel nostro percorso espositivo un ruolo non secondario deve essere
attribuito alla ricostruzione dell’Italia tra le due guerre: da un lato l’Italia
antifascista, minoritaria, che resiste e che è costretta alla prigione e all’esilio;
dall’altra l’Italia che attraversa il progetto modernizzatore del fascismo
e ne è, in una certa misura, plasmata. Non soltanto l’Italia “in camicia
nera” delle parate, delle esercitazioni paramilitari, dei miti del regime e
soprattutto di quello del dittatore, ma anche quella della quotidianità,
della scuola, del lavoro, dello svago, dell’alimentazione, dello sport, della
radio. Deve essere ben chiaro che questo “viaggio in Italia” non è condotto
per edulcorare la durezza spietata della dittatura – basta fare riferimento
alla dominazione coloniale per averne una manifestazione esemplare – in
una sorta di rievocazione bonaria di un comune “come eravamo”, quanto
piuttosto per penetrare i meccanismi profondi della fascistizzazione della
società italiana, che non vanno né occultati né sottovalutati, soprattutto
per capire quanto essi sarebbero sopravvissuti al regime che li aveva messi
in moto. Dietro c’è l”Italia delle “folle”, delle masse anonime che hanno
sostituito le classi sociali o il “popolo” ottocentesco: un aggregato sociale
di proporzioni crescenti nel quale avevano progressivamente perduto di
significato il valore della persona e le appartenenze di gruppo, che trovava
la sua caratterizzazione di fondo nella fusione emotiva degli individui in
un insieme di credenze e di sentimenti collettivi, al di la delle differenze di
classe e di stato.
4.In questo processo un ruolo fondamentale è svolto dall’ideologia, che
al contrario di come spesso la si e rappresentata – un ridicolo mondo di
cartapesta nel quale si esibiva un guitto di second’ordine – ebbe un peso e
un ruolo centrale nella forza del fascismo. «Il fascismo ebbe l’ambizione»
ha scritto Gentile «di portare a compimento la conquista della modernità
attraverso la rivoluzione totalitaria, che come la rivoluzione spirituale delle
avanguardie voleva essere rivoluzione totale, cioè investire tutti gli aspetti
della vita individuale e collettiva, del costume e del carattere, per rigenerare
la nazione, forgiare l’“italiano nuovo”, costruire una nuova civiltà. Lo stato
totalitario e la “sacralizzazione della politica”, con l’integrazione delle masse
nella nazione attraverso la fede, i riti e i simboli della religione fascista –
concludeva Gentile – erano i fondamenti della “modernità fascista” [...] che
imponeva agli individui e alle masse la rinuncia alla libertà e alla ricerca
della felicità in nome del primato assoluto della collettività nazionale
organizzata nello stato totalitario, per conseguire fini di grandezza e di
potenza».
5.Il fascismo italiano è pienamente appartenuto alla famiglia politica del
totalitarismo. La storiografia italiana, invece, ha stentato ad abbandonare la
convinzionecheilfascismofosseunasortadiregimereazionario“all’italiana”